La propensione dell'autrice per il genere Fantasy
NOTA DELL'AUTRICE
Ho scelto queste tre immagini perché mi hanno colpito per il loro contenuto e per la grafica … sognante. Vorrei usarle per delineare tre aspetti, per così dire tre tendenze che mi appartengono.
La prima immagine sembra sia quella che in tempi lontani ispirò J.R.R. Tolkien a scrivere Il signore degli anelli. E scusate se è poco. Un vecchio con mantello e cappello a tesa si intrattiene con gli animali dei boschi, sullo sfondo di una foresta e di altissime montagne. Al di là del fatto che da qui potrebbe essere partito, nell’immaginazione del maestro del fantasy, il grande Gandalf, c’è qualcosa di affascinante per me in questa vecchia cartolina. Una radura in una foresta fitta e oscura – posso comunicarvi la mia fascinazione per le foreste impenetrabili spesso presenti negli episodi di X-Files? mi vengono i brividi solo a pensarci – già questo è un simbolo: viviamo in un mondo misterioso. Per quanto la scienza si affatichi a decifrare ogni nanomillimetro della realtà, questo mistero permane nel come e nel perché dell’esistenza. Un viaggiatore – un uomo che è in cerca, perché se no se ne starebbe a casa sua – nella comunicazione con la Natura trova, dimostra, usa la sua saggezza. C’è rispetto e amore nel vecchio viaggiatore, c’è la sicurezza di essere parte di un grande tutto. Insomma: inquietudine (e provate a starci voi in una fitta e buia foresta), armonia col creato, rapporto. E tutto in una cartolina.
La seconda immagine ci parla di un cavaliere alla ricerca del Graal. La stessa armonia, un paesaggio ancor più idillico, ma il protagonista è uno che cerca. E cerca contemplando. Ha l’armatura, perché le insidie sono molte, ma ciò a cui tende lo richiama dalla bellezza che gli è intorno e dalle profondità di se stesso. Poverino! gliene potrebbero capitare tante, tipo diventare un vampiro, un licantropo o altra robina così. Potrebbe dover aver a che fare con l’orrido Male che si annida fuori e dentro di lui, ma finché sarà in cerca, finché desidererà, sarà sulla buona strada. Qualcuno mi ha insegnato che l’inquietudine è una buona cosa e che invece la cosa peggiore è stare fermi, non desiderare più nulla, non percepirsi più bisognosi di altro. E comunque qualche drago o qualche cavaliere nemico verrà a disturbare il placido contemplatore qui sopra: possiamo stare assolutamente tranquilli. La cosa peggiore è il sonno dell’indifferenza. L’oggetto della ricerca invece – mi dicono – è quanto di più meraviglioso si possa immaginare.
L’ultima immagine è il Paradiso. E non è un paradiso vuoto e fermo, sebbene possa apparire così. Canti, danze, amore, contemplazione, amicizia, ardore ed esaltazione. E qualcuno da cui tornare. Se conoscessimo solo la luce la daremmo assolutamente per scontata. L’oscurità è metaforicamente la constatazione oggettiva del male di cui noi uomini siamo capaci. Nell’oscurità qualche chiarore c’è sempre, se gli giri le spalle, ok, si è chiarito quello che vuoi e quello avrai. Attenzione: dovrai farlo sempre, tendere costantemente al buio, essere assolutamente convinto, perché, sebbene ogni atto abbia un peso eterno, ogni volta si può cambiare idea e decidere che si vuole tentare “l’altro viaggio”. E dunque il viaggiatore (prima immagine), colui che cerca (seconda immagine) può sempre liberamente decidere per un bel posticino luminoso dove Qualcuno lo aspetta per abbracciarlo. È il lieto fine per eccellenza, quello senza il quale – secondo me – non varrebbe nemmeno la pena narrare una storia.
Antonella Albano
Ho scelto queste tre immagini perché mi hanno colpito per il loro contenuto e per la grafica … sognante. Vorrei usarle per delineare tre aspetti, per così dire tre tendenze che mi appartengono.
La prima immagine sembra sia quella che in tempi lontani ispirò J.R.R. Tolkien a scrivere Il signore degli anelli. E scusate se è poco. Un vecchio con mantello e cappello a tesa si intrattiene con gli animali dei boschi, sullo sfondo di una foresta e di altissime montagne. Al di là del fatto che da qui potrebbe essere partito, nell’immaginazione del maestro del fantasy, il grande Gandalf, c’è qualcosa di affascinante per me in questa vecchia cartolina. Una radura in una foresta fitta e oscura – posso comunicarvi la mia fascinazione per le foreste impenetrabili spesso presenti negli episodi di X-Files? mi vengono i brividi solo a pensarci – già questo è un simbolo: viviamo in un mondo misterioso. Per quanto la scienza si affatichi a decifrare ogni nanomillimetro della realtà, questo mistero permane nel come e nel perché dell’esistenza. Un viaggiatore – un uomo che è in cerca, perché se no se ne starebbe a casa sua – nella comunicazione con la Natura trova, dimostra, usa la sua saggezza. C’è rispetto e amore nel vecchio viaggiatore, c’è la sicurezza di essere parte di un grande tutto. Insomma: inquietudine (e provate a starci voi in una fitta e buia foresta), armonia col creato, rapporto. E tutto in una cartolina.
La seconda immagine ci parla di un cavaliere alla ricerca del Graal. La stessa armonia, un paesaggio ancor più idillico, ma il protagonista è uno che cerca. E cerca contemplando. Ha l’armatura, perché le insidie sono molte, ma ciò a cui tende lo richiama dalla bellezza che gli è intorno e dalle profondità di se stesso. Poverino! gliene potrebbero capitare tante, tipo diventare un vampiro, un licantropo o altra robina così. Potrebbe dover aver a che fare con l’orrido Male che si annida fuori e dentro di lui, ma finché sarà in cerca, finché desidererà, sarà sulla buona strada. Qualcuno mi ha insegnato che l’inquietudine è una buona cosa e che invece la cosa peggiore è stare fermi, non desiderare più nulla, non percepirsi più bisognosi di altro. E comunque qualche drago o qualche cavaliere nemico verrà a disturbare il placido contemplatore qui sopra: possiamo stare assolutamente tranquilli. La cosa peggiore è il sonno dell’indifferenza. L’oggetto della ricerca invece – mi dicono – è quanto di più meraviglioso si possa immaginare.
L’ultima immagine è il Paradiso. E non è un paradiso vuoto e fermo, sebbene possa apparire così. Canti, danze, amore, contemplazione, amicizia, ardore ed esaltazione. E qualcuno da cui tornare. Se conoscessimo solo la luce la daremmo assolutamente per scontata. L’oscurità è metaforicamente la constatazione oggettiva del male di cui noi uomini siamo capaci. Nell’oscurità qualche chiarore c’è sempre, se gli giri le spalle, ok, si è chiarito quello che vuoi e quello avrai. Attenzione: dovrai farlo sempre, tendere costantemente al buio, essere assolutamente convinto, perché, sebbene ogni atto abbia un peso eterno, ogni volta si può cambiare idea e decidere che si vuole tentare “l’altro viaggio”. E dunque il viaggiatore (prima immagine), colui che cerca (seconda immagine) può sempre liberamente decidere per un bel posticino luminoso dove Qualcuno lo aspetta per abbracciarlo. È il lieto fine per eccellenza, quello senza il quale – secondo me – non varrebbe nemmeno la pena narrare una storia.
Antonella Albano